INTERVISTE POP: Luci, la cantautrice con l’arpa che crede nella bellezza

Abbiamo intervistato per voi la cantautrice molisana Luciana Patullo, in arte Luci: ecco cosa ci ha raccontato a proposito della sua musica.

Luci è la «cantautrice con l’arpa» Luciana Patullo, che da poche settimane ha pubblicato un nuovo brano, La semplice volontà. Ed è proprio da questa canzone che abbiamo deciso di iniziare la nostra chiacchierata, per poi attraversare tutta la sua storia artistica e personale.

Le parole di Luci

Partiamo subito dal tuo nuovo singolo, La semplice volontà

La Semplice Volontà è il secondo singolo che pubblico con Metatron ed è scritto dal mio amico ZinGiu dei VIITO. Nel testo si sviluppa un dialogo in cui chi canta ammette di aver perso il controllo di una certa situazione, che però al tempo stesso cerca di elaborare. In altre parole, riconosce che non basta la semplice volontà per impedire alcuni addii e sicuramente occorre tutta la nostra forza per accettarli. Dopo la pubblicazione ho ricevuto interpretazioni molto differenti della canzone: qualcuno ha collegato questo chiaro tema del distacco a quello della madre che vede i figli crescere e allontanarsi; altri ad un legame spezzato d’amore o d’amicizia; altri ancora alla fuga per violenza domestica. E non c’è nessun conflitto tra questi significati, tutti ugualmente validi. Ed è stato incredibile notare come ognuno si sia rispecchiato nella canzone in modo unico e personale.

La semplice volontà arriva dopo Dal principio, il tuo brano d’esordio.

Dal Principio è il singolo con cui ho annunciato ufficialmente l’ingresso del mio progetto solista nel mondo musicale. In esso racconto delle battaglie che ognuno di noi si è trovato ad affrontare, almeno una volta nella vita, contro se stesso e il proprio corpo. Ho compreso col tempo che le mie insicurezze potevano essere trasformate in armi con cui mostrare di più la mia umanità. A un certo punto ho iniziato a viverle finalmente non più come limiti, ma come risorse di forza. La scrittura del testo è stata un’urgenza: avevo il bisogno di ascoltare la mia voce, che mi chiedeva di non combattere più quelle battaglie. Sul finale del brano appare, infatti, una coda in netto contrasto con le soluzioni musicali precedenti e arriva intenzionalmente con una dinamica più forte, rompendo la delicatezza dell’inizio. “Leccando via quelle lacrime” significa proprio: voglio assaggiare e riconoscere da sola il mio valore, a prescindere dalle mie fragilità e da ciò che gli altri possono vedere e giudicare di me.

Luci è Luciana Patullo, classe 1988, molisana. Per raccontarti, ti proporrò alcuni spunti e vorrei che tu mi parlassi di te partendo proprio da quello che sceglierò. Primo spunto: Roma.

Grazie mille per gli spunti che mi dai, perché è molto difficile definire che cosa ci abbia fatto diventare quello che siamo, tra i viaggi, i rumori, le fughe e i ritorni a casa, e farne una sintesi sembra quasi impossibile. Roma, però, può essere un buon punto d’inizio, perché è stata la mia prima decisione importante. È una città che mi ha folgorata, da subito, con la sua invadente bellezza, con quel disordine antico e il suo muoversi veloce, con i suoi sorrisi e il cuore grandissimo di chi la abita. Viverci è una lotta costante: sembra quasi che ti faccia scontare tutte le meraviglie di cui puoi godere ogni giorno con le sue contraddizioni e le sue difficoltà.

Secondo spunto: Vienna.

Anche per questa ragione dopo qualche anno ho deciso di dare una possibilità ad un’altra città e mi sono trasferita in Austria, a Vienna. Il progetto era di fare una breve esperienza di cinque mesi, che però sono diventati cinque anni. Spesso faccio ironia sul fatto di essere una delle poche persone che ha imparato il tedesco senza programmarlo e senza volerlo. Vienna è elegante, ma al tempo stesso distante, e se a Roma mi sono sentita come una figlia adottiva fin da subito, a Vienna spesso mi sono sentita orfana e qualche volta addirittura analfabeta per via del mio tedesco. La scena musicale underground viennese è molto differente da quella italiana: c’è più diversità e apprezzamento verso le sperimentazioni. Questa esperienza ha apportato sicuramente un nuovo punto di vista alla mia scrittura. Ho iniziato a suonare l’arpa e ad avere più coraggio e più sicurezza nelle mie possibilità.

Terzo spunto: FLUG.

Quando ho deciso di trasferirmi in Austria erano appena uscite alcune canzoni con i FLUG, una band composta da me, Giuseppe Zingaro e Roberto Giamberardino (in arte Kein). Giocavamo con il cantautorato e la musica italiana, allontanandoci dalla forma canzone e riavvicinandoci ad essa con l’influenza dell’elettronica. È stato quasi profetico che venisse scelto come nome per la band una parola tedesca che significa volo, perché mi trasferii a Vienna poco dopo l’uscita dell’EP.

Quarto spunto: Lo Scarabocchio – laboratori d’espressione.

È uno spazio che ho aperto due anni fa a Bojano, in Molise, paese dove sono nata e in cui attualmente vivo. Una personale scommessa o meglio un’avventura che ho intrapreso consapevolmente in un territorio in crisi, sia economica che sociale, in cui però vedo ogni giorno persone affamate di bellezza. Il mio obiettivo principale è offrire la possibilità di giocare liberamente con l’arte e la creatività, che in fondo si alimentano di crisi da cui nascono soluzioni per il corpo e lo spirito. Da due anni Lo Scarabocchio è un piccolo luogo di incontro, un’oasi per i bambini e gli adulti del mio paese. Ora siamo una piccola squadra tra fotografi, artisti, ballerini, musicisti, attori, ma anche psicologi ed educatori ambientali, che come me hanno studiato fuori dal Molise e sono tornati. Abbiamo unito le nostre competenze e le nostre idee e insieme abbiamo organizzato concerti, corsi di danza contemporanea, teatro, musica, laboratori di arte, di fotografia e di riciclo e scrittura creativa. Si sente che ne vado fiera?

Luci

La cantautrice Luci immortalata da Francesco D’Adderio nei pressi della Civita superiore di Bojano.

Veniamo da un periodo certamente particolare, quasi surreale. C’è qualcosa che sei riuscita a fare, in quest’ultimo periodo, che rimandavi da tempo?

Devo ammettere che ho vissuto male l’inizio della quarantena, perché ci stavamo preparando per l’uscita del singolo ed ero in piena attività a Lo Scarabocchio. Con il passare dei giorni, però, ho cercato di ridimensionare il mio problema, che era piuttosto superficiale rispetto ad altre situazioni. Ho riscoperto il piacere della lentezza e la gratitudine di vivere a due passi da una natura ricchissima tra le montagne del Molise. Al termine della fase 1, ho ricominciato a passeggiare nei boschi e nelle vallate in fiore, incontrando spesso mandrie di mucche libere, placidamente al pascolo.

Ti propongo un gioco, domande a bruciapelo. Se tu fossi un film, quale saresti?

Little Miss Sunshine.

 Se fossi una canzone non tua?

Ho sempre me di Cristina Donà.

Se fossi un album musicale?

Anime salve di Fabrizio De André.

Se fossi una città?

Napoli.

Se fossi un libro?

Trilogia della Citta di K di Agota Kristoff.

Luci

La cantautrice Luci immortalata da Francesco D’Adderio nei pressi della Civita superiore di Bojano.

Quali sono le difficoltà che vivono i giovani musicisti, oggigiorno? In questi ultimi mesi si è parlato della scarsa attenzione verso i lavoratori dello spettacolo, considerati dei privilegiati.

Lavorare nello spettacolo normalmente è già una lotta. Questo periodo ha sicuramente amplificato le difficoltà, però ci ha anche permesso di fare luce su alcuni problemi della nostra categoria. Ho avuto finalmente tempo di studiare di più quali sono i miei diritti, di sciogliere i dubbi causati dalla burocrazia e di rafforzare la voglia di fare musica. È una lenta costruzione, un percorso difficile e molto personale e non c’è un manuale di istruzioni da seguire che ti possa assicurare di riuscire.

Torniamo alla tua musica. Hai in programma un disco?

È pronto un EP che si chiamerà Luci, come il progetto. Le canzoni sono state affidate al mio caro amico e produttore Aurelio Rizzuti del Cubo Rosso Recording di Roma. In linea con i due singoli già usciti troverete archi, elettronica, pianoforte, tastiere e batteria, ma anche qualcosa di completamente acustico e più cantautorale. Ci siamo divertiti tanto a sperimentare senza ragionare su logiche di mercato. Tutto il tempo che ho avuto a disposizione in isolamento ha fatto nascere nuove idee e nuove canzoni alle quali stiamo già lavorando e che hanno un carattere un po’ meno ermetico. Mi piacerebbe raccontare storie di coraggio e di cambiamento che possano ispirare, uscendo un po’ fuori da me, cioè guardandomi più intorno che dentro di me per raccogliere spunti.

Concludiamo sempre così le nostre interviste: noi ci chiamiamo DonnaPOP e per noi il termine POP rappresenta qualcosa di attraente, accattivante, di tendenza. Cos’è per te POP?

Il pop è innovazione inarrestabile e continua. Mira ad un pubblico vasto e per farlo deve essere qualcosa che serve, nel senso deve essere necessario a più persone possibili. Per scardinare gli stereotipi che si auto-generano nel pop c’è sempre stato un atto di ribellione, una rivoluzione radicale, ma sentita e autentica. Perché non basta avere qualcosa da dire e saperla cantare e suonare, ma è fondamentale farlo con il cuore aperto.

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