Caro Ignazio La Russa, un figlio gay non è un dispiacere, un padre omofobo sì

Ignazio La Russa ha detto che un figlio gay, per lui, rappresenterebbe un dispiacere: una riflessione sulla gravità di questa affermazione.

Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha detto che – se suo figlio gli dicesse di essere gay – per lui sarebbe un dispiacere, perché «un padre etero vorrebbe che il figlio fosse come lui».

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Un’affermazione del genere è già di per sé indegna e riprovevole, ma se a farla è la seconda carica più importante dello Stato diventa anche pericolosa. Un presidente del Senato, che fa dichiarazioni omofobe, sessisteIl livello estetico delle donne di centrodestra è diminuito, è aumentata però la qualità, la capacità. Quelle di sinistra non le guardo») e nostalgicheMi rimprovero di aver mostrato il busto del Duce in tv»), dimostra di essere totalmente inadeguato al ruolo istituzionale che ricopre.

L’omofobia non è un’opinione

A quanto pare, è necessario ribadire un concetto elementare: l’omofobia non è un’opinione. È una violenza, semmai, e lo è a tutti gli effetti, specie se a fare certe affermazioni è un politico, in televisione, davanti a milioni di telespettatori. Specie in un paese come l’Italia, in cui i cittadini e le cittadine omosessuali non godono degli stessi diritti degli eterosessuali. Specie se si confonde il rispetto, l’educazione e il buonsenso con il tanto bistrattato e abusato politicamente corretto. Sì, perché sembra che chiunque denunci un comportamento omofobo leda il diritto d’opinione di chi è omofobo. Sembra che chiunque segnali un atto omofobo intralci la strada a chi non ne comprende o ne sminuisce la gravità. E invece non è così e dovremmo indignarci tutti.

Non solo: quando un politico, in televisione, trasforma in chiacchiere da bar un argomento delicato, per cui tanti giovani hanno subito e continuano a subire discriminazioni e vessazioni, il pericolo è che la gente, da casa, si senta legittimata a offendere o, alla meglio, a sottovalutare il problema. Ma non comprendere che qualcuno, semplicemente, possa essere diverso da noi, è un limite nostro, non di chi non ci somiglia. Io non ho mai capito (e mai capirò) perché la diversità ci spaventi tanto, a tal punto da volerla annullare. A tal punto da offendere, mortificare, giudicare l’altro. A tal punto da mettergli addosso un’etichetta.

L’ignoranza non è un’opinione e le parole di La Russa rivelano un limite deprimente, opprimente, che non possiamo più permetterci. L’ignoranza, che per sua natura è una condizione transitoria e non definitiva, può essere sconfitta. Per farlo, però, bisogna avere l’umiltà di ascoltare, imparare e non giudicare.

Non so, in tutta onestà, cosa voglia un padre etero, ma so per certo cosa desideri un padre intelligente: che i propri figli siano felici.

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