Ideologia gender: che cos’è? Esiste davvero? Perché Giorgia Meloni mente (sapendo di mentire)

Giorgia Meloni e la cosiddetta teoria gender (o ideologia gender): cosa vuol dire e perché la verità è diversa da come ci viene raccontata?

Spesso, spessissimo, Giorgia Meloni – presidente del Consiglio dei Ministri – parla (a sproposito) di ideologia gender o teoria gender, termini – questi – che destano grande preoccupazione e paura, presumibilmente per un motivo semplicissimo: nessuno sa cosa vogliano dire.

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Ogni volta che la presidente, anzi, rettifico, il presidente Meloni pronuncia i termini “ideologia” e “gender“, attira a sé l’attenzione di tutti, specie di coloro che hanno paura dell’arrivo del gender nelle scuole, come se fosse un’entità oscura e temibile. Ma cos’è questo benedetto gender e cosa vuol dire (o non vuol dire) ideologia gender?

Giorgia Meloni contro l’ideologia gender «Va contro le donne»

In una recente intervista per il settimanale Grazia, Giorgia Meloni ha parlato proprio di questo tema. Ecco cosa ha detto:

Oggi si rivendica il diritto unilaterale di proclamarsi donna oppure uomo al di là di qualsiasi percorso, chirurgico, farmacologico e anche amministrativo. Maschile e femminile sono radicati nei corpi ed è un dato incontrovertibile. Tutto questo andrà a discapito delle donne? Credo proprio di sì: oggi per essere donna, si pretende che basti proclamarsi tale, nel frattempo si lavora a cancellarne il corpo, l’essenza, la differenza. Le donne sono le prime vittime dell’ideologia gender. La pensano così anche molte femministe.

Ideologia gender: che cos’è?

Ma vediamo di capire una volta per tutte il significato reale dei termini “teoria gender” e “ideologia del gender”. Innanzitutto, va detto che entrambi rappresentano un modo del tutto improprio di riferirsi agli studi di Genere. Tuttavia, ne propongono una una versione distorta e falsata, che non fa altro che creare barriere alla libertà personale di ogni individuo e a fomentare odio e discriminazione.

A tale proposito, va detto che gli oppositori della cosiddetta “ideologia gender” (che – ribadiamolo – non esiste) hanno contribuito e continuano a contribuire alla diffusione di informazioni inesatte, creando non poco allarmismo soprattutto tra i genitori, i quali temono che i propri figli, nelle suole, vengano influenzati nel proprio orientamento sessuale o addirittura convinti a cambiare genere.

C’è da dire che gli studi di Genere, impropriamente e ignorantemente chiamati “ideologia” o “teoria” gender, non hanno niente a che fare con tutto questo.

Studi di genere: cosa sono?

Ma cosa sono gli studi di Genere e perché non hanno nulla a che fare con la versione distorta che ne danno alcuni esponenti politici? Innanzitutto, va detto che tali studi si occupano di svariati aspetti della vita umana: dall’origine dell’identità sino al rapporto tra la singola persona e il contesto socio-culturale in cui vive.

Gli studi di Genere partono da un assunto secondo cui l’identità sessuale rappresenta un costrutto multidimensionale costituito da quattro componenti distinte: il sesso biologico di ognuno di noi (ovvero l’appartenenza biologica al sesso maschile o femminile), l’identità di genere (ovvero l’identificazione della persona come maschio o femmina, al di là del proprio sesso biologico), il ruolo di genere (che cambia in base alla cultura e al periodo storico in cui il soggetto si vive) e l’orientamento sessuale (l’attrazione erotica verso persone dello stesso sesso, sesso opposto o verso entrambi i sessi).

L’introduzione degli studi di Genere nelle scuole non vuole in alcun modo minare alcun equilibrio. Semmai, lo scopo è quello di promuovere la non discriminazione verso chiunque sia considerato diverso per via del proprio orientamento sessuale o per la propria identità di genere.

Giorgia Meloni, parlaci di Firenze e Crotone

Siamo alle solite: quando è in evidente difficoltà (e negli ultimi giorni lo è stata spesso, visti i fatti di Firenze e di Crotone), Giorgia Meloni si limita semplicemente a spostare l’attenzione. È una prassi ormai vecchia, ma funziona sempre: indirizzare lo sguardo della gente verso un (finto) pericolo e insabbiare fatti reali e drammatici, come il pestaggio per mano di sei ragazzi di Azione studentesca a Firenze o il naufragio a Cutro.

Per deviare l’attenzione delle persone, Meloni usa sempre tre temi: la genitorialità, la cosiddetta teoria gender e, infine, i fatti (sempreverdi) legati alla sua infanzia, all’assenza di suo padre e alla mancanza che prova tuttora. Se fossero chiacchiere da bar, andrebbero pure bene: del resto, in un contesto informale, ognuno è libero di esprimersi come crede e di fare sfoggio persino della propria ignoranza. Ma Giorgia Meloni è il presidente del Consiglio. E quello che ha detto, l’ha detto su Grazia, un settimanale letto da migliaia di persone.

Giorgia Meloni e quello che è «il massimo per un bambino»

Ma veniamo alle sue parole: Meloni ha detto che non conosce nessuno che rinuncerebbe a uno dei propri genitori o che sceglierebbe di essere cresciuto dal solo padre o dalla sola madre. Innanzitutto, occorre che qualcuno le spieghi che la sua esperienza diretta non è e non può in alcun modo essere metro di misura per stabilire cosa sia il meglio per un bambino. Il fatto che lei non conosca nessuno che rinuncerebbe a uno dei propri genitori non prova nulla. È, appunto, una sua verità. Sua, e di nessun altro.

Poi ha aggiunto che il massimo per un bambino è avere mamma e papà. E qui veniamo al punto: ha spostato l’attenzione sugli omosessuali che “pretendono” egoisticamente di diventare genitori. Tocca spiegare a Meloni una cosa ovvia, che – a quanto pare – per lei non è ovvia affatto: il massimo per un bambino non è avere mamma e papà, perché un padre e una madre non sono garanzia di affetto, presenza e stabilità. I bambini hanno bisogno di essere amati, protetti e rispettati da un papà e una mamma, due papà, due mamme, il solo papà o la sola mamma. Non è il sesso né la sessualità del genitore a determinarne l’idoneità.

Giorgia Meloni, la minaccia gender e l’abbandono del padre

Poi, immancabili come sempre, le frasi transfobiche per screditare la cosiddetta “teoria gender” di cui ho parlato prima.

Oggi si rivendica il diritto unilaterale di proclamarsi donna al di là di qualsiasi percorso, chirurgico, farmacologico e anche amministrativo. Maschile e femminile sono radicati nei corpi ed è un dato incontrovertibile. Tutto questo andrà a discapito delle donne e nel frattempo si lavora a cancellarne il corpo, l’essenza, la differenza. Le donne sono le prime vittime dell’ideologia gender.

Qualcuno le dica che sentirsi donna, al di là di qualsiasi percorso, non è ideologia e non rappresenta alcuna minaccia. É la semplice libertà di esprimere se stessi al di là del proprio sesso biologico: non arreca alcun danno a nessuno, specialmente alle donne.

Infine, l’onnipresente racconto personale, caritatevole, lacrimoso, struggente: il padre che l’ha abbandonata e che oggi le manca più che mai. Come sempre, utilizza le proprie esperienze personali per legittimare il proprio pensiero. Il fatto che lei sia stata abbandonata da un padre che non l’ha voluta, in che modo legittima il fatto che per un figlio il massimo sia avere mamma e papà? Qual è il nesso che lega il suo trauma personale (evidentemente mai superato) con il discorso sulla famiglia? Che c’entra, nello specifico, con la famiglia omogenitoriale, in cui – di fatto – ci sono entrambi i genitori? A stabilire quale sia «il massimo per i figli» non può essere il vissuto di Giorgia Meloni.

Il vero pericolo che corrono le donne non è l’inesistente teoria gender, ma una politica antiabortista e antifemminista. Il vero pericolo che corrono i bambini non è avere genitori omosessuali, ma irrisolti e incapaci di accogliere la diversità, quando – per diversità  si intende semplicemente ciò che non somiglia loro.

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