Stupro di Palermo: la vittima «Mi state portando alla morte», questa società ha fallito

Stupro di Palermo, parla la ragazza vittima che è stata allontanata in una comunità protetta e ha pensato al suicidio: abbiamo fallito tutti

Da quando la narrazione sullo stupro di gruppo avvenuto a Palermo si è trasformata in una deriva del gossip e dell’ignoranza, sono molte le pagine Instagram, le testate e le figure pubbliche che hanno fatto riferimento alla vittima rivelandone i dettagli personali o dispensando presunti consigli e suggerimenti su come avrebbe dovuto agire.

La retorica è sempre la stessa: avrebbe potuto non fare questo o quell’altro, se non avesse fatto in quel modo non sarebbe successo, se però lei non si fosse mostrata così si sarebbe potuto evitare. La battaglia contro la narrazione distorta dell’autotutela, dell’educazione alla sopravvivenza e della vittimizzazione secondaria purtroppo non basta a salvaguardare le vittime dai continui bombardamenti ignoranti che la società mette in atto.

Così, per la prima volta, la vittima dello stupro di Palermo ha deciso di rispondere, rivelando drammaticamente la sua condizione attuale. Perché decidiamo di riportarlo? Perché lei ha deciso di renderlo noto. Perché così, forse, è possibile capire le conseguenze di chi decide di parlare, informare e condividere informazioni sulla violenza di genere e le sue vittime. Non dovrebbe essere necessario arrivare ad uno sfogo pubblico di questa portata, ma purtroppo è così.

Stupro di Palermo, cosa ha detto la vittima?

Noi il nome, la foto e il profilo Instagram della vittima dello stupro di Palermo non li abbiamo mai cercati e non li conosciamo. Quindi se siete qui per questo motivo, non è quello che troverete. Quello che, però, abbiamo deciso di condividere è lo sfogo che la ragazza ha fatto e che è iniziato a circolare sulle varie testate.

Dopo che la notizia dello stupro è iniziata a circolare, la giovane coinvolta si è ritrovata ad affrontare un secondo trauma: parte dell’opinione pubblica, invece di sostenerla, l’ha attaccata. Alcuni hanno perfino suggerito che potesse essere stata consenziente o che avesse mentito riguardo alle violenze subite. Altri hanno deciso di imputarle parte della colpa: poteva non bere, poteva non uscire, poteva non incontrarli.

Nelle ultime ore, quindi, la ragazza ha condiviso un messaggio disperato e carico di dolore, rispondendo a chi continua a insinuare dubbi sulla veridicità della sua esperienza. Ha espresso la sua stanchezza, dichiarando di sentirsi spinta verso la morte dalle critiche. Ha ammesso di non avere più la forza di lottare, né per se stessa né per gli altri, e ha accennato alla possibilità di farla finita, portando con sé coloro che cercavano di aiutarla nel suo cuore. 

Nei giorni precedenti, la giovane aveva già espresso la sua frustrazione sui social, difendendosi dagli insulti e dai giudizi ingiusti. Aveva rivelato di essere stanca di dover rispondere educatamente e aveva sfidato coloro che l’accusavano, sottolineando che nulla giustifica quel che le è successo. 

È ingiusto, insensato e contro ogni logica che una vittima debba difendersi. È la società che ci ritroviamo ed è la spinta per il cambiamento per cui ancora dobbiamo lottare. Come e quando è potuto succedere che una vittima di stupro debba difendersi dalle accuse? Come fanno ad esistere accuse? 

Il trasferimento in una comunità protetta

Le autorità, comprese della delicatezza della situazione che sta vivendo la ragazza, hanno provveduto al suo trasferimento da Palermo. Attualmente, si trova in una comunità protetta al di fuori della città, dove le è stata anche offerta la possibilità di un impiego.

Nel frattempo, il Garante della Privacy ha avviato un’indagine nei confronti dei siti che hanno diffuso i dettagli personali della vittima, nonostante le regole deontologiche proibiscano chiaramente tali azioni.

E ancora una volta abbiamo fallito come società, pensando che una vittima debba ancora essere protetta dalla società stessa, allontanata e messa in dubbio.

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