Siamo circondati da cantanti a petto nudo, ma se si spoglia una donna… apriti cielo!

In Italia, c'è una profonda disparità tra cantanti uomini e cantanti donne: perché un artista maschio che si spoglia non scandalizza?

Fedez, Blanco, Rkomi, Achille Lauro, Dan Reynolds: sono solo alcuni dei tanti, tantissimi cantanti uomini che (spesso e volentieri) si esibiscono a petto nudo. Ma perché, quando a spogliarsi è una donna, la gente si indigna?

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Tra uomini e donne, nell’arte e – nella fattispecie – nel mondo della musica, c’è una profonda disparità. Se un’azione fatta da un artista uomo viene accolta con naturalezza e, a volte, persino con una certa indifferenza (perché è considerata normale), la stessa azione, compiuta da un’artista donna, fa storcere il naso a più di qualcuno. Perché, se un uomo canta sul palco a petto nudo, nessuno ha da ridire, ma se una donna si mostra in una veste più sexy e sensuale, viene giudicata, offesa e sminuita?

Le disparità tra uomo e donna nel mondo della musica

Fedez canta spesso a petto nudo, Blanco ha fatto addirittura una tournée intera senza maglietta, Achille Lauro è salito sul palco dell’Ariston di Sanremo senza maglietta, lo stesso ha fatto Rkomi, Marco Mengoni gioca sulle trasparenze, Dan Reynolds fa i concerti a torso scoperto. Poi, però, Elodie gioca con la sua sensualità e viene etichettata come una cantante priva di contenuti, poco credibile, attenta solo all’aspetto, una che «si spoglia per far parlare di sé», una che «non ha niente da dire e per questo si spoglia», una che «per vendere qualche disco è sempre mezza nuda».

Insomma, se Elodie (faccio il suo nome, ma di esempi potrei farne tanti altri) – in conformità con quello che il pop è – gioca con la propria immagine e si esprime attraverso il proprio corpo, viene insultata, offesa, svilita. Anzi, peggio: l’azione di una donna che esibisce il proprio corpo viene considerata come una forma di prostituzioneti mostri nuda per far parlare di te», «se non ti spogliassi, nessuno si ricorderebbe di te»). Quindi, una donna che si spoglia per una copertina, un videoclip o un’esibizione, viene offesa e privata del suo valore artistico, perché, se esibisce il corpo, vuol dire che «non ha nient’altro da mostrare».

Nessuno si sogna di mettere in dubbio il talento né la professionalità di Marco Mengoni soltanto perché i suoi look sono spesso sensuali e giocano sulle trasparenze. Nessuno si sogna di svalutare le sue capacità di cantante, musicista, autore soltanto perché è un ragazzo bello (che sa di essere bello). Nessuno lo insulta perché nella copertina del suo album è nudo. Eppure, se a farlo è Elodie, Arisa, Annalisa, Noemi, Anna Tatangelo, Rihanna, per citarne qualcuna, il giudizio cambia, diventa severo, violento, categorico. Perché?

Dovremmo ragionare su tutto questo: perché una donna nuda (che poi nuda non è, perché i social censurano i capezzoli femminili) provoca reazioni aggressive, mentre la nudità, in un uomo, non stupisce? Forse perché siamo un Paese (ancora) profondamente maschilista. Agli uomini viene perdonato tutto, alle donne no. Ma siamo anche un Paese con la memoria corta, perché abbiamo avuto (abbiamo ancora ed è tutt’oggi la più ribelle di tutte) Patty Pravo, un monumento di erotismo, trasgressione, femminismo ante-litteram.

Ma c’è ancora qualcosa da aggiungere: là dove l’artista uomo si toglie la maglietta per mera vanità o per esprimere la propria virilità, la donna è costretta a giustificarsi, a spiegare che il pop passa (anche) attraverso l’estetica, che non esiste pop senza la cura di ogni dettaglio della performance (o del progetto discografico). È costretta a spiegare che un artista (e questo vale sia per le donne che per gli uomini), in base al brano che canta, interpreta un ruolo preciso e il corpo è parte integrante dell’interpretazione.

Insomma, di passi da fare ne abbiamo ancora tanti, ma per iniziare sarebbe bene porsi una domanda prima di giudicare o offendere una cantante donna: quello che sto per dire, lo direi a un uomo? Se la risposta è no, allora non è il caso di dirlo nemmeno a una donna. È solo un inizio, ma è meglio di niente.

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