Interviste POP: Elia Fongaro, il bello che balla

Abbiamo intervistato Elia Fongaro, il bello che balla, ma ci siamo prefissati di non parlare del Grande Fratello e della sua vita amorosa...

Elia Fongaro è bello, lo sanno tutti, lui per primo ne è consapevole. Ma c’è dell’altro, molto altro, e l’ha dimostrato in più occasioni. Il gossip non gli interessa, il successo facile nemmeno, avrebbe potuto raggiungerlo, se solo avesse voluto. Ma lui è uno che studia, che cerca la propria dimensione e dei riflettori puntati addosso per uno scoop non sa che farsene. Noi di DonnaPOP l’abbiamo incontrato e ci siamo prefissati un obiettivo: raccontare la storia, le ambizioni e il presente di un bello che balla, senza parlare del Grande Fratello Vip e della sua vita sentimentale. Ecco cosa ci ha raccontato.

Le parole di Elia Fongaro

Elia, con questa intervista ci piacerebbe scoprire chi tu sia realmente, oltre i pregiudizi derivanti dal tuo aspetto o dal tuo passato televisivo. Partiamo facendo subito un passo indietro: quando hai capito di voler intraprendere la carriera nel mondo della moda?

Vengo da una realtà molto piccola e, sebbene siano passati solo pochi anni, nel 2010, quando ho compiuto la maggiore età, le notizie non giravano come avviene oggi grazie ai social network. Io ero completamente estraneo a questo mondo, non ne sapevo nulla e non potevo saperne niente. Nella vita non ho mai sognato di diventare famoso. Sono sempre stato un ragazzo ambizioso, competitivo, ho sempre cercato di dare il meglio di me a scuola e nello sport, sono sempre stato sulle mie, avevo delle visioni diverse dagli altri, ragionavo in maniera diversa. Poi, ad un certo punto, ho capito quale opportunità cogliere per ottenere una rivalsa, definire me stesso e il mio destino. Vengo da una famiglia normale, da una realtà piccolissima, lontana dai riflettori. Quando ho capito di poter usare o, per meglio dire, sfruttare il mio aspetto per iniziare un percorso nuovo, l’ho fatto. Allora mi sono trasferito a Milano, solo e senza soldi, mi sono iscritto all’università, ho iniziato a lavorare, ho fatto varie cose, dall’operaio al barista. Sono sempre stato indipendente.

Se fossi stato brutto, avresti fatto un percorso diverso?

Una persona mi ha detto che, se non avessi avuto questo aspetto, avrei già raggiunto i miei scopi, avrei già avviato una carriera brillante, lontano dai riflettori. Non so se sia così, quello che so per certo è che ho colto un’opportunità. Ho capito che il mio aspetto poteva aiutarmi e ho preso al volo l’occasione di sfruttarlo, anche perché, venendo da una famiglia normale, non avrei potuto ottenere altri tipi di aiuti o di porte aperte.

A proposito della tua famiglia, come hanno preso la tua scelta di lavorare nel mondo della moda?

I miei genitori hanno sempre avuto fiducia in me, gliene sarò riconoscente per sempre. Sono cresciuto in un contesto sano. Certo, gli anni tra i sedici e i diciannove sono stati complicati, ero ingestibile, ho fatto impazzire i miei genitori! (ride, ndr) La verità è che sono sempre stato poco manovrabile, non mi sono mai lasciato guidare. Loro non mi hanno mai imposto nulla né chiesto di essere e fare qualcosa che non sono. Mi hanno sempre incentivato a dare il meglio, ma lasciandomi sempre carta bianca. Li devo ringraziare, perché sanno quante difficoltà ci sono dietro. Spesso si vede solo la superficie, ma la verità è più complicata di quello che è visibile. Io sono cresciuto in un paesino di appena mille abitanti, praticamente nel palazzo in cui vivo a Roma ci sono più persone! (scoppia a ridere, ndr) Quindi, mi rendo conto che la mia scelta sia stata destabilizzante, ma loro hanno continuato a fare la loro vita e io ho fatto la mia.

Il tuo esordio in tv è avvenuto nel 2013, con Striscia la Notizia, dove sei stato il primo velino della storia del programma.

Sì, avevo iniziato qualche anno prima, facendo il modello, che è l’attività che ho sempre svolto in questi anni. Poi, ad un certo punto, è arrivata Striscia. È avvenuto tutto per caso: ero a casa, dopo le vacanze estive, e, tramite alcune amicizie, è nata l’opportunità di fare il provino. È stata un’opportunità importante, che mi ha dato tanto, ma per certi versi mi ha creato delle difficoltà: la tv e la moda sono due realtà opposte, aver preso parte ad un programma televisivo ha inevitabilmente destabilizzato il mio percorso da modello. Però sono grato a quell’esperienza, ho lavorato con grandi professionisti e, a soli ventidue anni, mi sono ritrovato in una realtà più grande di me. All’epoca ero piccolo, incosciente, forse nemmeno mi rendevo conto di quanto fosse formativa quell’esperienza, ma oggi so che è stata importante, mi ha insegnato tanto.

Non ti è mai stato stretto il ruolo di velino, che ti imponeva di esibire il tuo corpo senza poter parlare?

Oggi, col senno di poi, ti dico che avrei preferito condurre piuttosto che fare il ballerino. Poi io non avevo mai ballato prima! Questa è la cosa più buffa, mi chiedo come abbiano fatto a scegliermi, sono completamente negato, non ho il senso della musica, del ritmo! (scoppia a ridere, ndr). Se mi è pesato fare il velino? A quel tempo, andava più che bene, mi ha permesso di guadagnare, guardarmi intorno, imparare. Mi pagavo gli studi, ero dentro una grande macchina, per quell’età lì andava più che bene. Ovvio che mi sarebbe piaciuto far conoscere la mia personalità, far sentire la mia voce. Ovvio anche che, se arrivasse oggi un’occasione del genere, mi dispiacerebbe, perché adesso ho ventotto anni, ho studiato e continuo a farlo, voglio mostrare altro di me, oltre che il mio aspetto. Questo è anche il motivo per cui ho accettato di fare il Grande Fratello: volevo far conoscere il contenuto, oltre che il contenitore.

A proposito di questo, si pensa sempre che la bellezza possa solo dare, senza togliere nulla. Dal tuo punto di vista, cosa dà e cosa toglie?

La bellezza dà. Questo è un dato di fatto, la società di oggi si basa sull’apparenza, purtroppo. La forma prevarica la sostanza di gran lunga, è tutto immagine. Nel mio caso, mi ha dato tanto. La verità è che non toglie nulla: semplicemente, ad un certo punto, smette di dare. Il motivo? Semplice: diventi vittima di un pregiudizio. Chi ti sta di fronte, se sei bello, si chiede se tu abbia anche altro da offrire. A me è capitato, qualche volta, di parlare con una persona e di notare una chiusura nei miei confronti, un pregiudizio. All’inizio ne soffrivo, oggi ho imparato a divertirmi. Quando capisco che non c’è la volontà di conoscermi, di andare oltre l’involucro, allora me la rido. Lo so, sono un po’ stronzo, ma che posso farci? Tu pensi di conoscermi soltanto perché ho questo aspetto? Allora io, a mia volta, ti giudico per quello che vedo: un cretino che non sa e non vuole andare oltre le apparenze.

Al giorno d’oggi, per arrivare al successo, basta davvero poco: una Instagram story, uno scandalo vero o presunto, una foto sui social…

Io non voglio demonizzare nulla. Non condanno i social, sono un’opportunità per tutti. Tuttavia, ne andrebbe regolamentato l’uso che se ne fa. Tutti hanno la possibilità di dire la propria, di sputare odio, di farne un uso improprio. Dal mio punto di vista, il vero problema dei social è che hanno distrutto il professionismo: persone senza arte né parte, che senza Instagram non avrebbero avuto la possibilità né la capacità di esprimersi, oggi hanno un successo clamoroso. Tutto ciò ha penalizzato il lavoro: gente incompetente fa cose che, in un altro momento storico, non avrebbe potuto fare, a tutti è data l’opportunità di fare tutto. E i professionisti, quelli che hanno studiato e fatto la gavetta? Loro arrancano. È inutile demonizzare l’effetto, bisogna lavorare sulla causa, è da lì che bisogna partire.

Tu, ad esempio, non hai sfruttato certe occasioni che hai avuto, avresti potuto ottenere un successo maggiore in un tempo minore.

E avrei potuto guadagnare anche tanti soldi! (scoppia a ridere, ndr) Sembra assurdo, il prezzo da pagare per mantenere questo tipo di profilo è quello di non guadagnare niente. Dovrebbe essere il contrario: se studi, ti impegni, lavori costantemente per realizzarti, dovresti ottenere dei risultati, ma oggi paga di più uno scoop o una storia su Instagram. Un altro aspetto da denunciare è la non retribuzione: quando muovi i primi passi nel mondo del lavoro, ti dicono che devi farti bastare l’esperienza, che non ci sono soldi. Chi non ha la possibilità economica per iniziare questo percorso, parte già molto svantaggiato. Praticamente studiare e impegnarsi per affermarsi è un lavoro per ricchi. Assurdo, no? Tutto ciò va al di là del buonsenso, questo mi fa arrabbiare molto. Io comunque continuo a fare il mio: l’anno prossimo conto di laurearmi in Scienze Politiche e, nel frattempo, studio recitazione. Spero mi venga data l’opportunità di esprimermi e di sentirmi appagato. Non parlo a livello economico, ma a livello personale. Trovo assurdo e svilente che, per campare, sia necessario diventare vittime di questo sistema, scadere nel trash, svendersi. È quasi eroico credere in un progetto e impegnarsi duramente senza cadere in tentazione.

La tentazione, ad esempio, potrebbe essere la proposta di un altro reality: accetteresti?

Non escludo mai nulla a priori, è da ipocriti farlo, ma non è la mia priorità in questo momento. Anche in questo caso, però, non demonizzo nulla. Un reality è un’opportunità. Darwin diceva che l’intelligenza è spirito di adattamento, dunque prendere il meglio da una situazione e farne una vera opportunità è ciò che conta di più. C’è da dire, poi, che la gente mangia ciò che le viene offerto e le viene offerto ciò che mangia, dunque, perché le cose migliorino, è necessario impegnarsi da entrambe le parti. Si può offrire uno spettacolo piacevole e intelligente, basta volerlo realmente.

Concludiamo così: noi ci chiamiamo DonnaPOP e, col termine pop, vogliamo indicare qualcosa di bello, attraente, coinvolgente…

Vedi? Anche il termine pop oggi viene demonizzato! Pop è una cosa bellissima, specie se accostato alla parola “donna”! Purtroppo, nel tempo, questo termine è stato svilito e gli è stata data un’accezione quasi cattiva. Se ne fa un uso improprio, sembra quasi una cosa da condannare. Non dovrebbe essere così: pop è il sentimento popolare, ma oggi sembra quasi un dispregiativo, un sinonimo di trash, cheap. Non è così, anzi, è l’esatto opposto!

Per te, dunque, cos’è pop?

Beh, senza dubbio le donne! (ride, ndr)

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