Polonia, la legge contro l’aborto che uccide le donne: le storie di Dorota, Agnieszkae e Izabela

Polonia, la legge anti aborto che uccide le donne incinte e vieta la libertà di scelta delle altre: cosa prevede e qual è il problema

In Polonia, le donne continuano a morire a causa delle restrizioni sull’aborto; la legge che ha reso quello che dovrebbe essere un diritto un divieto continua a fare vittime: scopriamo insieme la storia di Dorota, che è deceduta a causa di uno shock anafilattico a 20 settimane di gravidanza, quello di Agnieszka, che ha perso la vita dopo aver portato in grembo un feto morto, e quello di Izabela, morta anche lei a causa di un mancato intervento medico.

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Entrambi questi casi sollevano interrogativi sulla priorità data alla vita del feto rispetto a quella della madre e sulla mancanza di un intervento medico adeguato. Analizzeremo anche il contesto legale in cui si inseriscono queste tragedie, con le restrizioni all’aborto in Polonia che limitano le possibilità di interruzione della gravidanza. Vi avviso, come sempre c’è da inca**arsi.

Le restrizioni sull’aborto in Polonia: cosa dice la legge?

In Polonia, le leggi sull’aborto sono estremamente restrittive e praticamente vietano la procedura, anche nei casi più gravi. Nel corso degli ultimi due anni, è stata eliminata l’ultima importante eccezione al divieto di interrompere la gravidanza, riguardante le anomalie fetali.

L’aborto è permesso solo in caso di minacce alla vita della madre o se la gravidanza è frutto di stupro o incesto. In Polonia, nazione ultra cattolica, inoltre, ormai quasi 3 anni fa la Corte costituzionale ha fissato l’illegalità dell’interruzione di gravidanza in caso di difetti congeniti del feto.

Il 22 ottobre 2020, il Tribunale costituzionale polacco ha dichiarato incostituzionale la disposizione della legge del 1993 sulle condizioni per l’interruzione di gravidanza. Tale legge consentiva l’aborto nei casi in cui gli esami prenatali o altre considerazioni mediche indicassero un’alta probabilità di anomalia grave e irreversibile o di una malattia incurabile pericolosa per la vita del feto. Sorvoliamo sul fatto che ogni donna dovrebbe essere libere di abortire per i motivi che vuole. (E ricordiamo che in Italia non siamo messe meglio su questo aspetto. E potrebbe anche peggiorare viste le ultime considerazioni della ministra Roccella e co.)

Negli ultimi 10 mesi, solo 300 donne polacche hanno avuto accesso ai servizi per l’aborto negli ospedali a causa di una minaccia per la vita e la salute. Nell’ultimo anno, Aborto senza frontiere ha aiutato 34.000 donne provenienti dalla Polonia ad accedere all’aborto, e questo numero rappresenta solo una frazione del totale di donne polacche che necessitano o necessitavano di sostegno per accedere a questo servizio.

Qual è il problema?

Il problema, purtroppo, sta nella responsabilità affidata ai medici: chi deve stabilire che la donna sia in serio pericolo per la sua vita? I medici evitano l’aborto per paura di incorrere nel reato. E poi resta ovvio – ribadiamolo ancora se non fosse chiaro – che l’aborto dovrebbe essere un diritto. 

La storia di Dorota

Dorota, una donna di 33 anni che aspettava il suo primo figlio, è stata vittima di uno shock anafilattico che ha portato alla sua morte prematura. Le sue membrane si erano rotte prematuramente, ma i medici hanno atteso che il feto morisse prima di intervenire, a causa delle restrizioni sull’aborto vigenti in Polonia. La sua famiglia ora cerca risposte sulla sequenza degli eventi, compresa la morte del feto, l’aggravarsi delle sue condizioni di salute e le azioni intraprese dai medici per prevenire la sepsi.

Il caso di Agnieszka

Il caso di Agnieszka, 37 anni,incinta di due gemelli e deceduta dopo aver portato in grembo un feto morto per circa una settimana, solleva ulteriori preoccupazioni riguardo alle conseguenze delle leggi anti-aborto in Polonia. Nonostante il feto fosse morto da diversi giorni, i medici non hanno eseguito un intervento chirurgico per rimuovere i feti, a causa del divieto di aborto. Di conseguenza, le condizioni di salute di Agnieszka sono peggiorate, portando al decesso del secondo feto e, infine, alla sua morte. Questo decesso è avvenuto a gennaio 2022.

La donna, infatti, non sarebbe stata operata prima di partorire a causa della legge anti-aborto vigente in Polonia. Il feto morto avrebbe portato al deterioramento delle condizioni di salute della donna, alla morte del secondo feto, e infine al suo decesso. L’ospedale nega ogni responsabilità, ma la famiglia di Agnieszka e le associazioni locali accusano il divieto di aborto, che avrebbe spinto i medici dell’ospedale a rifiutarsi di operare la donna.

Il caso di Izabela Sajbor

Anche Izabela Sajbor, una parrucchiera di 30 anni, è morta a causa di una complicazione simile a quella di Dorota: i medici hanno aspettato che il feto malformato morisse naturalmente, mettendo a rischio la vita della madre.

L’avvocata Jolanta Budzowska e la questione sulla priorità sul feto

La famiglia di Dorota è rappresentata dall’avvocata Jolanta Budzowska, specializzata in casi di malasanità. Budzowska ha precedentemente affrontato anche il caso di Izabela Sajbor.

Secondo l’avvocata, queste tragedie sono il risultato delle restrizioni sull’aborto che mettono la priorità sul feto, a discapito della salute e della vita delle donne incinte.

Ribadiamo: nonostante le restrizioni legali, l’aborto è ancora “consentito” se la vita della paziente è in pericolo, ma spesso i medici evitano di dichiarare tale pericolo per paura di conseguenze legali.

Le conseguenze della legge che rende vietato l’aborto

Ma quelle elencate non sono le uniche conseguenze della legge anti aborto polacca. A causa di questa legislazione oppressiva, le donne sono spinte a ricorrere a forme all’aborto non sicuro o a recarsi all’estero per abortire. È necessario facilitare l’accesso transfrontaliero ai servizi abortivi, garantendo alle donne polacche l’accesso a un aborto gratuito e sicuro anche in caso di scelta assolutamente personale e non giudicabile. Non smettiamo mai di ricordarlo: l’aborto è un diritto. 

Le storie di Dorota, Agnieszka e Izabela mettono in luce le tragiche conseguenze delle restrizioni sull’aborto in Polonia. Questi casi sottolineano la necessità di un’analisi approfondita delle leggi che limitano l’accesso all’aborto e della priorità data alla vita del feto rispetto alla salute e alla sicurezza delle donne. Mentre la società polacca affronta questo dibattito, è fondamentale considerare il diritto delle donne di accedere a cure sicure e legali. Non dimentichiamocene anche in Italia.

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