Massacro di Ponticelli: chi sono Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca?

Dramma e tragedia: questo è stato il Massacro di Ponticelli che nel 1983 ha condannato Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca,

Il Massacro di Ponticelli è una delle vicende più agghiaccianti avvenute in Italia negli anni Ottanta. Indicati come colpevoli Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca, in effetti si tratta di un caso irrisolto! Scopriamo di seguito tutta la drammatica storia!

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Era il 2 luglio 1983. Nel quartiere Ponticelli, a Napoli, le due bambine Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di sette e dieci anni, vengono rapite e abusate. I loro corpi saranno ritrovati il girono dopo, a pochissimi chilometri dalla loro casa, completamente bruciati. Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo, tre ragazzi con molta probabilità innocenti, sono stati incriminati come responsabili del Massacro di Ponticelli. Saranno processati e condannati all’ergastolo.

Al tempo Ponticelli era sede di un’influente piazza di spaccio. Inoltre c’erano considerevoli interessi economici in riferimento ai fondi destinati alla ricostruzione post terremoto. Qualsiasi tragedia consumata lungo le strade di quel quartiere malfamato napoletano, per la criminalità organizzata, era un ostacolo poiché ogni malaffare si sarebbe fermato!

Come influisce il massacro di Ponticelli in un territorio così devastato, non soltanto dal terremoto del 1989?

Il Massacro di Ponticelli: chi sono Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca?

Uno scenario, quello del massacro di Ponticelli, dove non sono soltanto gli investigatori, la giustizia e l’opinione pubblica a volere un colpevole, e prima di subito, ma anche la camorra vuole il suo peccatore. O, meglio, qualcuno da rendere reo di un delitto inquietante ma che deve essere dimenticato velocemente.

Una responsabilità notevole e la scelta ricade su tre ragazzi, ignari colpevoli di un dramma scandaloso. Perché? Le indagini degli inquirenti avevano imposto la paralisi completa a ogni traffico illecito della criminalità e, per arginare ogni ostacolo presente e futuro, era necessaria una vittima sacrificale.

Quale migliore opportunità di avere non soltanto un colpevole, ma addirittura tre? Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo sono stati per trent’anni considerati gli unici e soli responsabili di un duplice delitto, rimasto con molta probabilità ancora impunito.

Oggi, quelli che al tempo erano soltanto tre ragazzi, sono usciti dal carcere e sono uomini liberi. Chiedono con tutte le loro forze la revisione del processo. Cosa vogliono? Che il loro nome non sia più declinato negli elenchi dei mostri ma sia, una volta per tutte, ripulito dall’infamia di aver seviziato e ucciso due giovani vittime. In questa storia, Ciro, Giuseppe e Luigi, sono anche loro vittime?

Tutta la storia del Massacro di Ponticelli

Al tempo Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca avevano tra i 18 e i 20 anni. Sono stati accusati di essere i feroci assassini di Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di 7 anni e 10 anni, le due bambine violentate, uccise e bruciate il 2 luglio 1983.

Il tutto è avvenuto nel rione Ponticelli, a Napoli. È lo stesso anno dell’arresto di Enzo Tortora e dei falsi pentiti, gestiti dai carabinieri della Caserma Pastrengo, che lo hanno accusato. Dalla piazzetta di Ponticelli, Nunzia e Barbara sono sparite alle 19.30. I loro corpi senza vita sono stati trovati il giorno dopo, nell’alveo del fiume Pollena, vicino la strada sopraelevata in costruzione. Un sopralluogo portato avanti con faciloneria e male, con poche fotografie e qualche oggetto portato via dalla scena senza alcun criterio. Polizia e carabinieri hanno indagato parallelamente, senza mai comunicare, confrontarsi e scambiarsi le informazioni.

Dal referto del medico legale si legge che le numerose ferite sono state inferte con uno strumento da punta e taglio, non tutte profonde. Barbara avrebbe ricevuto tredici colpi, mentre Nunzia diciannove e ha subito persino violenza carnale. Il referto stesso indica che la morte è avvenuta a tarda notte. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, invece, il tutto è avvenuto tra le ore 20 e le 21.

Condanna

Imperante, Schiavo e La Rocca sono del rione, appartenenti a famiglie di lavoratori, nessuno di loro aveva precedenti penali. Sono stati interrogati in caserma per ore e i carabinieri hanno menato forte, pur di cavare una qualsiasi confessione.

Silvana Sasso, 9 anni, amica delle vittime, viene interrogata anche quattro volte in un giorno. Ha dichiarato che la mattina di sabato 2 luglio la sua amica Barbara, direttamente dal balcone sopra casa sua, le aveva ricordato che avevano appuntamento con Nunzia vicino la pizzeria La Siesta.

Ad attenderle ci sarebbe stato un certo Gino, un uomo che aveva una 500 verde scuro. Si trattava di un appuntamento segreto per avere un gelato. Silvana aveva visto Gino altre volte ed era in grado di descriverlo: robusto, alto, biondo, con i baffetti. Per via del suo aspetto e per le lentiggini, era chiamato Tarzan tutto lentiggini. Silvana si è salvata dal massacro poiché la nonna non le ha dato il permesso di uscire.

Antonella Mastrillo, un’altra amica delle di Nunzia e Barbara, ha visto le due povere vittime dirigersi verso la pizzeria La Siesta intorno alle 19,30. Nei pressi del locale, anche lei ha notato la 500 con un fanale rotto e la scritta vendesi. Ciò conferma che Silvana ha detto la verità. Dovrebbe essere facile trovare un’auto così, se solo qualcuno la cercasse davvero!

Confessioni

Carmine Mastrillo, fratello di Antonella, è il testimone chiave. Dopo interrogatori estenuanti, è costretto a confessare che Luigi, Giuseppe e Ciro si sono visti con lui alle 20,30 alla discoteca Eco club per dirgli che avevano ucciso le bambine. Confrontando i tempi indicati da Silvana e Antonella, gli orari non tornano. Il massacro di Ponticelli non sarebbe potuto esser portato avanti in meno di un’ora!

In effetti non è mai stato portato avanti un sopralluogo cronometrato. Inoltre, per quale motivo Luigi, Giuseppe e Ciro avrebbero dovuto raccontare del duplice delitto al fratello Carmine davanti una discoteca?

Anche Salvatore La Rocca, fratello di Giuseppe, ha la sua confessione. Al tempo lui era un ragazzo fragile psicologicamente. Oggi, a distanza di anni, ha raccontato che durante il suo interrogatorio è stato torturato.

Nessuno dei tre ragazzi ha le lentiggini, una 500 verde, i baffetti o è biondo, ma sono colpevoli lo stesso. Dove sarebbero state uccise le bambine, se nell’alveo del fiume sono state solo bruciate? Vicino il cinema Alba di Volla? All’epoca c’erano molte terre coltivate intorno. Nel campo dove sarebbe stato commesso il delitto, però, non c’è alcuna prova, il verbale di riconoscimento del luogo non ha la firma, i proprietari del terreno ci stavano lavorando sopra in quell’ora e non si sono accorti di nulla.

Ciro, Giuseppe e Luigi sono finiti all’ergastolo. Nel 1989, nel 1997 e nel 2013, ben tre richieste di revisione del processo sono state rigettate, nonostante le indagini svolte per il massacro di Ponticelli siano state portate avanti in maniera folle. Nonostante ci siano stati altri sospettati, mai indagati sul serio e alcuni, addirittura, mai interrogati.

Carcere

Il processo contro i tre indiziati, quindi, si è svolto soltanto su indizi e con scarse prove. Non sono state rilevate tracce biologiche delle vittime nelle auto dei presunti assassini. Luigi, Giuseppe e Ciro non soltanto avrebbero rapito, forse violentato, ucciso e occultato i due cadaveri di Barbara e Nunzia in meno di un’ora! Avrebbero anche ripulito i propri vestiti dal sangue delle vittime per presentarsi perfettamente vestiti alla discoteca Eco Club di Volla.

Una tesi accusatoria, quindi, basata unicamente su due testimonianze controverse. Eppure i tre gradi di giudizio hanno condannato gli imputati all’ergastolo.

Dopo ben ventisette anni di carcere, nel 2010, Luigi Schiavo, Giuseppe La Rocca e Ciro Imperante sono stati rilasciati per buona condotta.

Che fine hanno fatto oggi?

Oggi Schiavo, La Rocca e Imperante sono liberi. Anche la Commissione Antimafia supporta la loro piena innocenza, avendo accertato che all’epoca ci sono state gravi carenze investigative, accompagnate da possibili depistaggi a opera della camorra. A credere fermamente nella loro innocenza c’è persino un personaggio autorevole nel mondo della giustizia, l’ex giudice Ferdinando Imposimato. Proprio lui  ha chiesto la revisione del processo addirittura nel 2012, presetando un dossier lungo ben 1400 pagine.

Intanto, dopo ben ventisette anni di carcere, i tre uomini, gli ex ragazzi del 1983, sono stati rilasciati nel 2010 per buona condotta. Luigi, Giuseppe e Ciro chiedono la riapertura del caso, rinunciando pure preventivamente a qualsiasi risarcimento perché detenuti ingiustamente. A oggi l’unica cosa che interessa ai tre, ormai sessantenni, è quella di poterripulire il proprio nome da quell’orrendo marchio di infamia“.

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