Interviste POP: Martina Catuzzi, la comicità è femmina

Abbiamo intervistato Martina Catuzzi, comica brillante e volto amato del nuovo show comico di Raidue "Battute?": ecco cosa ci ha rivelato.

Ironica e autoironica, irriverente, spumeggiante: Martina Catuzzi è uno dei volti più interessanti della comicità di oggi. Nata nel 1987 da madre teatrante e padre allenatore di calcio, è cresciuta in giro per l’Italia. Si è formata come attrice teatrale e come ideatrice di spettacoli e oggi è uno dei volti più amati dello show comico di Raidue Battute?. L’abbiamo incontrata per conoscerla meglio, ecco cosa ci ha raccontato!

Le parole di Martina Catuzzi

Iniziamo così: comici si nasce o si diventa?

Si può nascere buffi. E per quello non c’è bisogno di preparazione. A volte basta un corpo particolare o degli atteggiamenti diversi da quelli degli altri. Per diventare comici, invece, bisogna informarsi, leggere, guardare spettacoli, imparare tante cose e partire da lì per creare qualcosa di divertente e possibilmente originale. Se sei buffo, parti avvantaggiato, ma ti aspetterà comunque un duro lavoro.

Quando hai capito di far ridere? Quando ti sei detta​ «Nella vita farò questo»?

Ho iniziato da bambina con il teatro e non sapevo la strada che avrei intrapreso. A un certo punto, sul palco, il teatro si è mescolato alla mia naturale inclinazione per la presa in giro, su di me, sugli altri e sulle cose della vita, così ho abbattuto la quarta parete e ho iniziato con la stand up comedy. È stato un processo graduale e sperimentale. Per cui, come tutte le cose sperimentali, provo ogni giorno e ogni giorno mi chiedo se nella vita farò questo oppure no.

Facciamo un passo indietro: con quale miti della comicità sei cresciuta?

Carlo Verdone è il mio mito di sempre. So a memoria tutti i suoi film. Poi è arrivato internet e ho conosciuto e amato comici di tutto il mondo. Ma ormai il mio mito era Carlo e i miti non si cambiano.

Donne e comicità: il mondo della risata è maschilista?

Il maschilismo ha smesso di far ridere. Quindi se i maschilisti vogliono guadagnare ancora dei soldi con la comicità, devono reprimere il proprio maschilismo. Molti che non l’hanno fatto hanno già smesso di lavorare.

Quali difficoltà incontra una donna che si occupa di comicità?

Gli idioti. Se hai attorno persone intelligenti e riesci a coltivarti un pubblico in gamba, hai le stesse difficoltà di tutti. Non è un problema essere donna. Anzi, a me piace moltissimo.

Social e ironia: tu, suoi tuoi canali social, hai un approccio molto ironico, autoironico e svampito. Ma perché si fa ancora una gran fatica a comprendere l’ironia, secondo te?

Perché l’ironia è una sfumatura e invece la società cerca di dividere tutto in bianco o nero. Neanche troppo metaforicamente, purtroppo. L’ironia, invece, confonde e quindi viene spesso screditata o attaccata.

Ci racconti​ Glitter, il tuo one woman show di​ stand-up comedy?

Dovete immaginare l’angolino di un fazzoletto che esce dalla tasca di un prestigiatore. Quell’angolino sono io, quella che conoscete in tv, sui social o che state leggendo in questo momento. Ora immaginate di tirare quel fazzoletto fuori dalla tasca del mago. Usciranno tanti fazzolettini colorati tutti attaccati uno all’altro, che vi faranno rimanere a bocca aperta. Ecco, quello è Glitter.

Attualmente sei nel cast di​ Battute?, su Raidue. Che esperienza stai vivendo?

Un’esperienza molto importante per me. Un gruppo di colleghi con cui ho condiviso tanto da quando ho iniziato con la comicità. Tante persone ci fanno i complimenti per questo programma e addetti ai lavori l’hanno descritto come un piccolo cult. Per noi che lo facciamo sicuramente lo è.

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Cos’è che fa ridere Martina Catuzzi?

Ultimamente mi fa ridere una Youtuber che fa le videoricette dove cucina porcate e poi le mangia e balla.

Cosa, invece, non ti fa ridere affatto?

I video dove ci sono bambini grassi che dicono parolacce in dialetto.

Quanto conta l’aspetto estetico per chi fa comicità?

È sempre una questione di essere buffi. Se sei brutto, fai più simpatia. Ma vale più per i caratteristi, in realtà. Nella comicità anglosassone non fa tanta differenza.

La comicità deve avere dei limiti?

La comicità non ha limiti. Perché la mente umana può arrivare ovunque. Il comico, però, deve darsi dei limiti in base al suo sentire. Deve darseli per stare bene con se stesso. E tutti hanno qualcosa su cui non vogliono scherzare. Il compito del pubblico, invece, è solo quello di seguire chi ha gli stessi suoi limiti, non di rompere le scatole a tutti gli altri. E spesso, invece, lo fanno.

Squilla il telefono: è un regista che ti chiede di lavorare in un suo progetto. Chi vorresti che fosse?

Carlo, ovviamente!

Concludiamo così: il nostro magazine si chiama DonnaPOP e, per noi, il termine POP rappresenta qualcosa di bello, entusiasmante, accattivante. Cos’è per te POP in questo momento della tua vita?

Beh, Beyoncè è POP in questo momento della mia vita e sempre, perché è la migliore di tutte!

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