Federico Fashion Style: perché non bisogna mai dire «Si sapeva fosse gay, poteva dirlo prima»

Federico Fashion Style ha fatto coming out a Verissimo e sul web sono nate non poche polemiche: ecco cosa è successo.

Sabato scorso, ospite di Silvia Toffanin a Verissimo, Federico Fashion Style ha rivelato, per la prima volta in tv, di essere gay. L’hair-stylist ha rilasciato una lunga intervista, durante la quale ha parlato anche della fine della relazione con l’ex fidanzata Letizia Porcu.

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Federico Fashion Style ha fatto coming out. Da sabato, non faccio altro che leggere commenti come «Ma si vedeva», «Si sapeva», «L’unico a non saperlo era lui», «Sai che novità» e addirittura «Ha fatto coming out nel senso che ha detto che è etero?». Queste sono solo alcune frasi che ho letto, non mi soffermo nemmeno sugli insulti e le offese. Chi fa commenti del genere non ha la più pallida idea di cosa significhi essere omosessuali nel nostro Paese, in certe famiglie, in certe realtà di provincia, in certi contesti di lavoro.

L’importanza di esercitare l’empatia

Tutti sappiamo quello che siamo, in fondo. E tutti, presto o tardi, dovremo (o dovremmo) farci i conti. Ma, spesso, purtroppo, accettarlo non è facile, perché non siamo solo quello che siamo. Siamo i nostri genitori, la nostra famiglia, la nostra società, la nostra cultura, le tradizioni, la religione, le abitudini. Quello che siamo, inevitabilmente, è inquinato dal posto e dal periodo storico in cui viviamo. Facile scrivere «Poteva dirlo prima, tanto si vedeva», facile per chi non ha mai provato il dolore insopportabile di sentirsi diverso, sbagliato, difettoso.

Quando scrivete «Ma si sapeva che fosse gay, poteva dirlo prima», credete davvero che la gente non voglia essere libera? Credete davvero che, in questo mondo, ci sia qualcuno che preferisca vivere fingendosi qualcosa che non è? A volte è difficile essere in armonia con se stessi. Perché quando la famiglia, la società, la religione, la politica ti dicono che sei un’anomalia, non devi fare i conti solo con te, ma con la vita che agli altri è concessa di diritto, mentre tu devi dimostrare di meritarla. A volte passano anni prima che una persona riesca a fare pace con sé. E non è detto che ci riesca.

Perché non bisogna mai giudicare un coming out

Io ho rischiato di non farcela, ad esempio. Ma se non ci fossi riuscito, nessuno avrebbe avuto il diritto di dire «Ma che aspetta a dirlo?», «Si vede», «Lo sanno pure i muri», «Sai che novità». Nessuno ha il diritto di giudicare un coming out, se e quando una persona ha la forza, il coraggio, la necessità di farlo. Perché, per dirlo, bisogna prima attraversare se stessi, con quello che costa, con il male che fa. E non importa se «si vede che è gay», il coming out è l’esito di un percorso personale, intimo, mai facile.

Vi racconto una cosa: prima che io facessi coming out, ogni volta che qualcuno diceva «Si vede che è gay» a proposito di qualcun altro, mi irrigidivo, mi sentivo spogliato, nudo, quindi spaventato. Mi dicevo «Se lo dicono di lui, allora lo pensano anche di me». E questo fatto mi faceva stare male, in preda all’ansia, mi sentivo in pericolo, perché credevo che la mia natura, che non accettavo, fosse visibile a tutti. Ma io non ero pronto a farla vedere, perché non ero pronto a vederla io stesso.

Provate a immaginare come sia sentirsi sbagliati per quello che si è. Ripeto: per quello che si è, non per quello che si fa. Passate qualche minuto, non di più, in quella condizione. E poi vediamo se avrete ancora il coraggio di dire «ma si sapeva che fosse gay, poteva dirlo prima».

Di Basilio Petruzza

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