L’utero in affitto non è una pratica contro le donne: bugie e falsi miti sulla maternità surrogata

Utero in affitto, gestazione per altri e maternità surrogata: tre definizioni diverse per un solo tema su cui c'è troppa disinformazione.

Sul tema del cosiddetto utero in affitto c’è grande disinformazione, perché – in Italia – le destre hanno fatto sì che diventasse un’arma contro la comunità LGBTQ+. Le cose da dire sarebbero tante, ma vorrei partire dall’ultima: la Regione Lazio ha tolto il patrocinio al Pride (che si terrà a Roma sabato 10 giugno) perché «promuove comportamenti illegali, come la pratica dell’utero in affitto».

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Iniziamo da una premessa fondamentale: l’utero in affitto in Italia è già vietato dalla legge 40 del 2004. Detto ciò, è possibile smentire, punto per punto, tutte le affermazioni – volutamente scorrette e tendenziose – con cui le destre combattono la maternità surrogata.

Utero in affitto e falsi miti: tutto quello che c’è da sapere sulla gestazione per altri

Innanzitutto, si chiama gestazione per altri e non utero in affitto. Non è un caso che questa definizione venga ampiamente usata da chi vuole impedirlo, in quanto rimanda a un corpo, quello della donna, usato per trarre profitti o sfruttato economicamente. Detto ciò, va sottolineato che – ad oggi, nel nostro Paese – viene associata alle coppie omosessuali in quanto arma delle destre omofobe, ma di fatto è una pratica utilizzata perlopiù da coppie eterosessuali (in Italia ne usufruiscono 250 coppie all’anno e nove su dieci sono etero).

Per contrastare la gestazione per altri, si usa spesso il tema della donna che, a detta di molti, verrebbe usata, mercificata, sfruttata. La verità, anche in questo caso, è molto diversa: infatti, la madre surrogata, per essere tale, deve avere dei requisiti ben precisi, non si tratta di una donna povera, sola e incapace di decidere per sé e il proprio corpo.

I requisiti che deve avere una madre surrogata

Tra i requisiti, c’è quello di avere già dei figli e di vivere con loro, avere una situazione economica stabile e una buona condizione di salute fisica e mentale. Insomma, non si tratta – come le destre ci raccontano – di donne abusate e umiliate, ma di donne che decidono coscientemente di dare un figlio a una coppia che non può averne. Esiste il rischio di sfruttamento? Sì, ma vietare la gestazione per altri, che in Italia si vuole rendere reato universale, non è la soluzione. Servono regole, non divieti.

Non solo, esistono varie tipologie di maternità surrogata: la madre surrogata può offrire il proprio ovulo, che viene inseminato con lo sperma del “genitore richiedente”, oppure è possibile che l’ovulo fecondato dallo sperma del padre (di uno dei due padri nel caso di una coppia formata da due uomini o di un donatore nel caso di una coppia formata da due donne) non sia della madre surrogata e in tal caso la donna non è legata biologicamente al nascituro.

La maternità surrogata non è una pratica contro le donne

Insomma, con una conoscenza minima sul tema, è possibile confutare la tesi delle destre, secondo cui le donne verrebbero sfruttate. Dire che la GPA sia una pratica contro le donne è da ignoranti, perché nessuna donna viene sfruttata, umiliata, usata, abusata, offesa, denigrata e maltrattata: si tratta di donne che scelgono di mettere a disposizione il proprio corpo per dare al mondo un figlio.

Diciamoci la verità, la GPA è un’arma potentissima nelle mani delle destre, specie perché – se descritta come una pratica contro le donne – ha molteplici funzioni. Oltre a combattere gli omosessuali tutti, zittisce i movimenti femministi, accusando le femministe stesse di essere contro le donne, finge di interessarsi al loro benessere e solletica le associazioni ProVita. Insomma, raccontarla in modo diverso da quello che è realmente, è vantaggioso. Lo diventa ancor di più se, dall’altra parte, ci sono cittadini che si fanno complici di questa menzogna.

Mi resta un’ultima cosa da dire. Chi, nonostante tutto, resta contrario alla gestazione per altri, può fare una cosa: non praticarla.

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