Biancaneve e le solite polemiche sterili di chi non accetta che la società cambi

Biancaneve, nel 2024 arriverà il live action del classico Disney e le polemiche non si sono fatte attendere: ecco un'analisi dei fatti.

Puntualmente, quando viene annunciato un nuovo live action di un classico dell’animazione Disney, si scatenano le solite, insopportabili e abusate polemiche da parte di chi, con una certa concitazione, ci fa sapere che è stufo del cosiddetto «politicamente corretto».Questa espressione viene usata (ovviamente in modo dispregiativo) da chi si sente minacciato da ciò che ha sempre avuto di diritto e che, adesso, viene dato anche a chi non ha mai potuto goderne prima d’ora. In questo caso, parliamo di rappresentazione.

Ogni cosa affonda le proprie radici in un tempo preciso, è figlia di una cultura specifica, quindi di una consapevolezza che nasce da un contesto storico, socio-culturale e politico determinato. Biancaneve è del 1937, quindi ha più di ottantacinque anni d’età, e rappresenta appieno l’epoca in cui è nata: la protagonista è una giovane donna bianca, accudente, dimessa, vittima. Una donna che si realizza attraverso l’incontro con un uomo (il principe azzurro), che si determina attraverso le esigenze di altri uomini (i sette nani) e che è colpevole di una sola cosa, la propria bellezza.

Non ha alcuna specificità caratteriale, è indeterminata, indefinibile: la sua unica caratteristica è quella di essere bella, il resto della narrazione è incentrata su quello che fa per essere accettata dagli uomini.

Biancaneve e il live action che delude chi vuole una società immobile

Biancaneve del 2023 non può (e non deve) essere uguale a quella di quasi un secolo fa, perché (per fortuna) le nostre consapevolezze circa il ruolo della donna nella famiglia e nella società sono cambiate. La donna non è (più) una costola dell’uomo, un accessorio, un traguardo: si autodetermina, è protagonista assoluta della propria storia, non è la ricompensa di alcun principe valoroso né ha bisogno di un uomo che la salvi.

Sarebbe anacronistico, oggi, raccontare la storia di una principessa del 1937. Sarebbe necessario se si trattasse di un fatto storico, ma siamo di fronte a un film animato di pura fantasia, che subisce – com’è ovvio – i cambiamenti di una società che si evolve.

Non solo: portare sullo schermo una ragazza mulatta, anziché bianca, permette di fare una rappresentazione inedita non solo di Biancaneve, ma di un’etnia finora rimasta ai bordi della società, per via di una presunta e discutibile superiorità della “razza bianca”. Insomma, stiamo parlando di retaggi culturali che appartengono a un secolo fa, com’è possibile non comprendere quanto sia necessario prenderne le distanze?

Inoltre, all’interno degli stessi film d’animazione Disney, la donna – negli anni – non è stata rappresentata sempre allo stesso modo: dalla ragazza che faceva cose “da donna” sino a quella che fa cose “da uomo” (come combattere, nel caso di Mulan), il ruolo della donna, nella società, è cambiato, quindi nei film Disney è stato ripensato, riscritto, ricreato per stare al passo con i tempi.

Certo, come fa ben notare qualcuno, ci vuole una gran fantasia per comprendere come Biancaneve, che è bianca per definizione, possa essere mulatta. Ma, del resto, la fantasia non ci manca: abbiamo accettato che parlasse con gli uccelli, non dovrebbe essere difficile accettare che abbia un colore della pelle più scuro rispetto a quello a cui siamo abituati.

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